La Cucina Futurista, 1932

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Oggi vogliamo farvi conoscere un classico della letteratura gastronomica d’avanguardia:

Marinetti Filippo Tommaso – Fillia (pseud. di Luigi Colombo)
La cucina futurista. Milano, Casa Editrice Sonzogno, [1932].

(184×120 mm). Pagine 267, [5] (contenenti catalogo editoriale). Con 8 illustrazioni al tratto in bianco e nero neltesto e 3 tavole fotografiche in bianco e nero fuori testo (raffiguranti rispettivamente il Padiglione-ristorante all’Esposizione Coloniale, Le prime vivande futuriste e due degli otto pannelli decoranti il padiglione-ristorante futurista di Parigi, opera di Enrico Prampolini).

Prima edizione di questa celeberrima codificazione della cucina futurista pensata e redatta a quattro mani da Marinetti e Fillia. La tiratura ufficiosa fu di 6000 esemplari, tutti numerati a timbro al frontespizio. Il volume riporta 172 fantasiose, estrossime e a tratti utopiche ricette di vivande e polibibite dovute, oltre che ai due autori, a uno stuolo di altri futuristi italiani. Come da manifesto programmatico futurista tutti i termini esterofili sono banditi per cui il Guidapalato sostituisce il Maitre d’Hotel; il Listavivande sostituisce il Menu, il Mescitore è il Barman, il Pranzoalsole altri non è che un comune pic-nic, il Quisibeve è il Bar e si può terminare il pasto con Polibibite (cocktails) e Castagne Candite, altrimenti note come Marrons Glacés

La Cucina Futurista, 1932: Nasce con noi la prima cucina umana!

Dal bell’articolo di Antonella Barina: ‘Fu una giornata di lavoro febbrile l’8 marzo del 1931. Ma a mezzanotte tutto era pronto per il debutto. Nella Torino seriosa e paludata si inaugurava il primo ristorante futurista d’Italia. Nome di battesimo, scelto da Marinetti: ‘Taverna Santopalato’. Locale decorato da Fillia e Djulgheroff […] Menù [Listavivande, n.d.R.], 14 portate firmate Prampolini, Depero, Mino Rosso e altri: Antipasto intuitivo, canestrini di buccia d’arancia ricolmi di salame, acciuga e peperoncini che nascondevano biglietti con frasi a sorpresa; Ultravirile, il corpo di un’aragosta disossata tra lingue di vitello e gamberi, ricoperta di Zabaione verde e di una corona di creste di pollo; Aerovivanda, descrizione più istruzioni per l’uso: con la mano destra il commensale si serve di olive nere, finocchi e chinotti, mentre con la mano sinistra sfiora un rettangolo tattile fatto di carta vetrata, seta e velluto, e intanto il cameriere gli spruzza sulla nuca profumo di garofano e dalla cucina giungono rumori d’areoplano e note di musica classica’. Ma il volume non riporta solo le ricette della mitologica serata: si va dai fallici Porcoeccitato (Un salame crudo, privato della pelle, viene servito diritto in un piatto contenente del caffé espresso caldissimo mescolato con molta acqua di Colonia) e Carneplastico (composto di una grande polpetta cilindrica di carne di vitello ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte […] disposto verticalmente nel centro del piatto, e incoronato con uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia, che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo) ai poetici ed eterei Comeunanuvola (Una grande massa di panna montata dardeggiata da sugo di arancio, menta, marmellata di fragole e irrorata delicatamente di Asti spumante) e Traidue (Due fette rettangolari di pane: una spalmata di pasta d’acciughe, l’altra di pasta di bucce di mele tritate. Tra le due fette di pane: salame cotto. Indimenticabile, infine, la polemica ivi contenuta contro la pastasciutta: “Alimento amidaceo” capace di generare fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo… una palla e un rudere che gli italiani portano nello stomaco come ergastolani o archeologi”!

In relazione alla politica autarchica fascista in relazione alla pastasciutta non è possibile non citare la posizione Marinettiana. Il grande Filippo Tommaso nel Manifesto della Cucina Futurista enuncia le nuove regole alimentari formulando un nutrimento adatto ad una vita eroica, “aerea e veloce” e tale vita deve prescindere assolutamente dall’utilizzo della pastasciutta:
“Antipraticamente quindi, noi futuristi trascuriamo l’esempio e il mònito della tradizione per inventare ad ogni costo un nuovo giudicato da tutti pazzesco. Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia. Consultiamo in proposito le nostre labbra, la nostra lingua, il nostro palato, le nostre papille gustative, le nostre secrezioni glandolari ed entriamo genialmente nella chimica gastrica […] Sentiamo inoltre la necessità di impedire che l’Italiano diventi cubico massiccio impiombato da una compattezza opaca e cieca. Si armonizzi invece sempre più coll’italiana, snella trasparenza spiralica di passione, tenerezza, luce, volontà, slancio, tenacia eroica…

La Cucina Futurista, 1932

Crediamo anzitutto necessaria: a) L’abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana. Forse gioveranno agli inglesi lo stoccafisso, il roast-beef e il budino, agli olandesi la carne cotta col formaggio, ai tedeschi il sauer-kraut, il lardone affumicato e il cotechino; ma agli italiani la pastasciutta non giova. Per esempio, contrasta collo spirito vivace e coll’anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani. Questi sono stati combattenti eroici, artisti ispirati, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci a dispetto della voluminosa pastasciutta quotidiana. Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo. Un intelligentissimo professore napoletano, il dott. Signorelli, scrive: «A differenza del pane e del riso la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica. Questo alimento amidaceo viene in gran parte digerito in bocca dalla saliva e il lavoro di trasformazione è disimpegnato dal pancreas e dal fegato. Ciò porta ad uno squilibrio con disturbi di questi organi. Ne derivano: fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo»”.

E tali dichiarazioni contro la pasta ed a favore del riso non devono stupire – al di là dell’enfasi retorica dell’immaginifico immaginario futurista – in bocca ad un Accademico d’Italia legato a doppio filo al regime ed alla sua politica d’autarchia: la produzione interna italiana di frumento – figlia della “Battaglia del grano”, lanciata nel giugno 1925, ma assolutamente insufficentente alla copertura del fabbisogno nazionale – avrebbe dovuto essere destinata principalmente al pane, vero totem di italianità ed al centro di numerose campagne propagandistiche, quali le varie “Feste del pane” istituite in tutta Italia. Pane che però doveva essere preferibilmente integrale, in quanto richiedeva l’utilizzo di meno frumento rispetto a quello bianco, definito “pane di lusso”.
Lo stesso Mussolini pare mangiasse soltanto pane integrale. Per lo stesso motivo, alla pasta andava sostituito il riso. E, al di là dell’avanguardismo e della più completa impossibilità di mangiare la gran parte dei piatti futuristi, poiché uno stomaco normale e/o passatista si rivolta anche alla sola lettura delle ricette proposte, non possiamo dimenticare, riguardo a La cucina futurista, la totale adesione ad una cucina autarchica con un orientamento merceologico monotematico: tuttoriso, riso di Erodiade, risotto futurista all’alchechengio, arancine di riso, riso al golfo di Trieste, riso all’arancio, risotto Trinacria, risoverde e la zuppa zoologica con farina di riso

A questo punto non ci resta che (non) consigliarvi un paio di immaginifiche invenzioni culinarie futuriste.
Che ne dite di una Polibibita e di un secondo piatto?

Giostra d’Alcool
(polibibita dell’aeropittore futurista Prampolini)
2/4 di vino barbera
1/4 di cedrata
1/4 di bitter Campari

Nel liquido vengono immersi, infilati in uno stecchino, un quadrato di formaggio e un quadrato di cioccolato. (p. 212)
Salute!

Da abbinare rigorosamente con:
Cotolette-tennis
(formula del futurista Dott. Vernazza).

Cotolette di vitello cotte al burro e tagliate a forma di un telaio di racchetta: al momento di servire, spalmarle con un sottile strato di pasta (fatta di mascarpone impastato con noci tritate), sul quale sono tracciate alcune linee con salsa di pomodoro mescolata con rhum. A formare il manico della racchetta, un’acciuga con sopra una striscia di banana. Poi pallottole sferiche perfette fatte da ciliege allo spirito (senza gambo) avvolte con pasta di ricotta, uova, formaggio e noce moscata.
Cottura rapida per mantenere il forte dello spirito.

Una rapida bibliografia:
Cammarota, 162; Salaris, p. 51; Gambetti-Vezzosi, 337 e 520; Futurismo letterario italiano, p. 66. Falqui, p. 47; Lista, Futurismo e Fotografia, p. 198.

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