Tutti conosciamo lo stile Liberty o l’Art nouveau, molti hanno visto mostre degli impressionisti e ben noti sono i fasti della Ville Lumière durante la Belle Époque quando Parigi era la capitale d’Europa.
Meno conosciuta ma altrettanto fascinosa è la fantastica stagione dei Diner parigini, fioriti durante quel periodo.
A fine Ottocento a Parigi c’erano centinaia di Diner (c’è chi dice oltre 800) dove si ritrovavano in un clima di euforia culturale intellettuali, scrittori, poeti e borghesi rampanti, nobili decaduti, flâneurs e artisti, famosi o, più spesso, spiantati. Erano serate generalmente in ristoranti o bistrot dove a scadenze fisse – ogni settimana ma più frequentemente ogni mese – e in strutture spesso precarie si cenava e si chiaccherava fra uomini, spesso allietati da declamazioni poetiche, temi di discussione, musiche e piéce teatrali e, a volte, da qualche accompagnatrice o cocotte. L’immagine della ‘parigina’ è spesso presente nella penna dei disegnatori dell’epoca, anche di quelli di menu come il classico Henry Pille e il modernissimo Jules Chéret, precursore con l’amico Toulouse-Lautrec di uno stile essenziale e dinamico.
Per le serate c’era una quota da pagare in una certa forma di associazionismo con tanto di inviti e programma preliminare che veniva recapitato a casa con preghiera di conferma.
Questi Diner erano quindi in parte ritrovi serali – non c’era la televisione né si scrollava il telefono a letto – con intenti anche artistico-culturali (Hugo, Mallarmé, Cheret, e tanti intellettuali parigini erano assidui frequentatori) ma costituivano anche luoghi d’incontro delle comunità francesi di regioni periferiche che si riunivano per ricreare climi identitari.
C’è da dire che Parigi, come qualcuno ha affermato, era l’unica grande capitale ’provinciale’. Nel senso che la centralità Parigina era continuamente rigenerata dall’intenso e non secondario rapporto che aveva con le periferie.
E i Diner, e la gastronomia, erano un canale assolutamente non secondario di questa continua ri-creazione d’identità nazionale rappresentata dalla capitale. Il più celebre dei Diner – e anche forse l’unico Diner che i collezionisti di menu avidamente raccolgono, pur se privo della dimensione gastronomica in quanto mancante di lista dei piatti – è quello del Bon-Bock (vedi capitolo successivo), fondato dopo il 1870 e l’annessione dell’Alsazia alla Germania, dai profughi alsaziani a Parigi che assursero il ‘Bon-Bock’ (il boccale da birra) a loro simbolo identitario intorno al quale raccogliersi, anche nello spirito revanscista.
é in questo clima che nasce un fermento di pittori e grafici non sempre affermati che ‘inventano’ la grafica pubblicitaria e che per sbarcare il lunario usano il menu come occasione di lavoro ‘precario’ in cambio spesso di una buona cena. Si crea quindi un crocevia fra la grafica classica ottocentesca, i riflessi dei grandi impressionisti, la sinuosità del Liberty e i tratti essenziali e moderni della comunicazione cartellonistica e dei nascenti loghi delle imprese non solo alimentari.