È giudizio comune che la cucina dei Savoia sia stata influenzata dalla cucina francese, ma chi ha voluto dare a questa affermazione un significato negativo per la mancata valorizzazione dei piatti del nostro paese, non sta tenendo conto della realtà internazionale che nell’Ottocento ed agli inizi del Novecento aveva proprio la cucina francese come punto di riferimento. L’alta società di tutto il mondo occidentale mangiava alla francese ed anche la struttura dei pasti era mutuata da quella d’oltralpe (Huitres – Potage – Hors-d’oeuvre – Relevés – Entrées – Légumes – Punch – Rôti – Entremets – Glaces – Dessert), con un numero di hors d’oeuvre, entrées e entremets che variava in funzione soprattutto dell’importanza dell’occasione e del padrone di casa.
In tutto il mondo occidentale la lingua francese era quella della cucina e quella usata nei menu e l’Italia non faceva eccezione. Per vedere il primo menu reale scritto in italiano bisognerà attendere il pranzo a Corte del 22 dicembre 1907 (163). La decisione di usare l’italiano nei pranzi di Corte era stata presa da Vittorio Emanuele III, e non bisogna pensare fosse un tardivo allineamento all’uso comune: la Regina Madre (Margherita di Savoia) continuerà ad usare il francese nei suoi menu fino alla morte (1926) e Amedeo Pettini, capo cuoco di S. M. il Re d’Italia, continuerà ad appuntare nei suoi libretti i piatti presentati ai sovrani usando il francese, anche se “costretto” all’italiano nei menu ufficiali.
Accanto ai pranzi di corte esistono i cosiddetti pranzi ‘di famiglia’ i cui menu si distinguono da quelli ufficiali per la grafica, la struttura e la tipologia dei piatti oltre che per alcune particolarità come quella di non riportare i vini, secondo un uso in voga nell’Ottocento e ai primi del Novecento quando non si trattava di pranzi d’alto livello.
È proprio nelle colazioni ‘di tutti i giorni’ che scopriamo ad esempio come Umberto e Margherita gradissero la cucina italiana: pasta ‘ncasciata, lasagne alla romana, risotto al sugo, ravioli alla genovese, maccheroni al pomodoro, alla siciliana e alla napoletana, pasta al burro, polpette di riso, fonduta alla piemontese, omelette al prosciutto e alle erbe, uova fritte, affogate e alla coque, cotolette di vitello alla milanese, piatti che nell’Ottocento non avrebbero mai potuto comparire in un pranzo ufficiale ma che invece erano molto ben accetti nelle colazioni più informali. Eventi particolari, come i matrimoni della famiglia reale, sono sottolineati da una grafica importante che comprende in genere gli stemmi dei casati coinvolti, mentre la cucina rispetta le regole dei pranzi o delle colazioni di gala.
Un altro caso a parte sono i pranzi a bordo degli yacht reali, anche quando, sostanzialmente, i convitati sono familiari: era di solito presente anche una banda musicale – di regola della Regia Marina – per allietare i reali e i loro ospiti e per i compiti di rappresentanza connessi con il viaggio.